Ci sarà un posto nell’Universo
in cui chi è depresso troverà sulle
fronde frutti di luce che melati
e salvifici rinfranchino lo scuro
orrido che brucia. La landa caustica,
là dove prima si estendeva a
perdita d’occhio il Santo crisma
ubertoso della loro anima
che ora è minato, è infecondo,
è tiglioso, coltiva a morte.
Intorno un magredo dove i
predoni battono il passo,
accendono fuochi aggranchiti e
foschi che crepitando, lanciano
bramiti e si nascondono con in
pugno micidiali armi temprate
nell’indifferenza. Ci sarà un posto
nell’ Universo dove chi è oppresso
possa giungere ad un pinnacolo
e guardare il cielo al crepuscolo,
con i suoi campi di pervinca,
trovando nel suicidio del volo un
ameno momento di conforto, per
giungere su di una strada ferrata, tra
le campagne, ad una terra dove ci
sarà conforto e aria gentile
e pianti di rivalsa. Ci sarà un
posto nell’Universo dove il mosto
rimarrà mosto, a San Martino si
vendemmierà il sangue del Redentore,
le pecore azzanneranno i lupi
e l’uomo ritroverà il suo equilibrio,
nell’aspra gravina ventosa dell’anima,
dove le ombre del passato giocano
crudeli con il feticcio esanime
di un aureo futuro.