Lontano
Era il cielo
di un autunno fragile
che fra le foglie ingiallite
scrollava le radici
di una natura assopita,
allacciata
all’ancora udire di un pensiero.
E nell’apnea di vita
lo sguardo di un uomo,
che il proprio volto
nella corteccia specchiava.
Su quel legno
che accarezzava il pallore
del vento freddo,
il tatto delle sue stesse mani
come avvolte da nubi ossute,
ricordavano le righe della pioggia
posate sul vetro di un lucernario.
Ad ogni passo
lasciava un ricordo
e ne finì spoglio.
Talmente scevro da potersi afferrare,
rimase privo di passi,
poiché ancora lontano
da ciò che in lui fu vita.
Una triste e inquieta poesia che conduce lontano, dentro incubi o sogni spezzati, dove l’autunno lascia il posto all’inverno e la malattia insegue la morte, ma presto una foglia ingiallita plana a terre e il suo leggero cadere distoglie dal torpore
e la mente cerca ascolta, riesce a guardare dove l’orizzonte finisce e dare l’addio al dolore e con passo felpato senza far rumore la vita ritorna, da dove tutto è iniziato.
Una poesia che gronda malinconia e dolce tristezza per la mancanza di una presenza importante che ha lasciato l’impronta della sua presenza segnando il cammino di chi è rimasto.