Ombre che giocano la vita
Torve abbarbicate ai muri stanno
volute incerte e proiezioni vanno
di sequenza e stile impresse al giogo
ombre di un diffuso stampo un logo
Corrono seguendo linee incerte
senza pretender nulla all’apparire,
inerte immagine figura allineata
in proiezione
e non chiede nulla, né abluzione
Sentirsi ombra della propria ombra
distendere propaggini e profili
di un andare e semplice apparire
presagio di un agire che in penombra
è sempre duro a digerire
Stasi scivolanti e vacue le incertezze
disanime cadenti similari a macchie
di quell’olio a propagar diffuso in superficie
le nettezze, scavalchi di sostanze a volte vecchie
Giogo, prologo ch’è stampo d’indigenza
avvolto a spira e decadenza, volge nel confine
infranto, del pur minimo riscontro di valenza
il ritorno imploso, quintessenza sublimale, dell’incline
figurante intorno, ritorna dentro, attratto, catarsi o giogo
dell’immaginario crash lo sfuggir di superficie a ritrovar confine interno.
Solida tessitura, dal valore fortemente plastico per questi versi, di genere classico, raffinato, che hanno notevole forza evocativa.
Il dettato giunge, infatti, perentorio, icastico, ma con la nitidezza di un ritratto, a suggello di un intenso scavo interiore.
CHAPEAU!